Il GPS, più specificamente Global Positioning System, è diventato ormai il compagno fidato di molti escursionisti e biker. Con l’inserimento della visione cartografica, che, lo rende simile, almeno nella visione, alle più conosciute “cartine”, ci appare molto più familiare. Il bello? Ci sono molte informazioni in più!
Forse, il produttore più noto, e , che probabilmente già conoscerete, è Garmin. A dividersi la fetta di mercato, ci sono anche Suunto, MyNav, Magellan, Lowrance e CompeGPS. Oltre ai comuni e più specifici apparecchi, chi possiede uno smartphone, avrà a disposizione ottime applicazioni dai prezzi contenuti.
Quindi, qual’è il migliore?
Partiamo dalla base, che, tutti i GPS da outdoor, indipendentemente dalla marca del produttore, fanno almeno una cosa: registrano la nostra posizione man mano che ci spostiamo. per questo sono anche detti tracciatori GPS.
Scendo nel dettaglio per cominciare a capire come usarli.
Tracce e trackpoint
Come abbiamo detto, mentre ci spostiamo, i GPS registrano ad intervalli di tempo variabili (dell’ordine della decina di secondi) la nostra posizione. I punti, chiamati trackpoint, vengono poi uniti tra loro per costituire, con buona approssimazione, il percorso che abbiamo compiuto, quest’ultimo, viene definito traccia.
Questi due nomi, sono i concetti base per saper utilizzare i GPS, quindi: Trackpoint e tracce sono due concetti che è utile conoscere bene.

Quindi possiamo dire che: la traccia è solo un’approssimazione del percorso compiuto? Infatti! Come possiamo notare, non è altro che una sequenza di segmenti che uniscono tra loro i trackpoint. Più i trackpoint sono “densi”, più la traccia si avvicinerà al percorso reale. Bèh, allora il gioco è facile…
Avere molti trackpoint, però, significa attivare molto più spesso il ricevitore GPS, e quindi, usare intensivamente il ricevitore GPS significa ridurre considerevolmente l’autonomia delle batterie. Ecco perché tra un trackpoint e il successivo quasi tutti i dispositivi lasciano passare almeno qualche secondo.
Una cosa importante da sottolineare è che il GPS ha una precisione nella migliore delle ipotesi dell’ordine dei 3 metri. Il margine d’errore potrebbe essere anche molto più ampio, in presenza di costruzioni alte, pareti rocciose e boschi fitti.

Rotte e routepoint
Mentre la traccia è il percorso che stiamo compiendo (o che abbiamo compiuto), una rotta è un itinerario fisso. Facendo un esempio banale: se da Bologna vogliamo andare a Firenze in treno, la rotta è ovviamente la linea ferroviaria che unisce le due città. La traccia è invece il percorso che stiamo effettivamente facendo e che cambia man mano che il treno va avanti o, per dirla in altri termini, man mano che percorriamo la rotta. Naturalmente mentre registriamo una traccia non siamo obbligati a seguire una rotta.
Così come le tracce sono composte da trackpoint, le rotte sono composte da routepoint:
I waypoint
I waypoint non sono altro che dei punti “interessanti” con una certa latitudine, longitudine e, eventualmente, altitudine. Possono essere: una cima, un passo, un rifugio o una sorgente. I waypoint sono spesso chiamati proprio punti di interesse (PDI) o, in inglese, point of interest (POI).
I formati dei file che dobbiamo assolutamente conoscere
Supponiamo di aver fatto un’escursione con il nostro tracciatore GPS, registrando il percorso che abbiamo compiuto (la traccia) e i punti di interesse principali (i waypoint). Il risultato non è nient’altro che un file in un certo formato, che potremo trasferire sul computer o sullo smartphone per salvarlo, analizzarlo e magari condividerlo.
Esistono decine di formati di file diversi, molti dei quali proprietari (che quindi possono essere utilizzati e compresi solo dai dispositivi e dai software di un particolare produttore). Tuttavia c’è un formato che tutti i dispositivi interpretano e che tutti noi dobbiamo conoscere: il GPX (acronimo di GPS Exchange Format). GPX è il formato più supportato in assoluto: consigliamo di usare questo a meno che non abbiate altre esigenze particolari.
I file GPX, come abbiamo detto, sono usati per tracce e waypoint, ma anche per le rotte (route). Internamente sono semplici file di testo (codificati usando una sintassi particolare chiamata XML).

(In questo esempio, per motivi di spazio, sono mostrati solo i primi tre e l’ultimo trackpoint, ma in totale ce ne sono 229)
Difficile capirci qualcosa? Se lo guardiamo meglio, possiamo riconoscere la traccia (chiamata “Pian D’Ivo_Nuda”) e i primi trackpoint che la compongono, ciascuno con latitudine, longitudine, altitudine.
Apprese le basi, vediamo cosa possiamo aspettarci dal punto di vista hardware. In tal modo potremo capire meglio che cosa distingue un modello dall’altro e fare una scelta consapevole.
Robustezza e impermeabilità
Innanzitutto ci aspettiamo che, dovendoli portare con noi in montagna, magari a temperature abbondantemente inferiori allo zero o sotto una pioggia torrenziale, i GPS da escursionismo siano robusti e impermeabili.
Ecco perché praticamente tutti i dispositivi in commercio offrono una classe di protezione IP elevata (International Protection). Essa specifica il grado di protezione per cui un dispositivo è certificato ed è seguita da due cifre: la prima indica il grado di protezione dalle polveri (0 è il minimo, 6 il massimo), mentre la seconda indica il grado di protezione dai liquidi (0 il minimo, 8 il massimo).
Naturalmente protezioni IP elevate richiedono accorgimenti particolari, come le coperture in gomma dei tasti e delle porte di input/output, che rendono il design di questi dispositivi meno snello e armonioso rispetto, ad esempio, ad uno smartphone.
Altimetro barometrico
I dispositivi più evoluti dispongono di un altimetro barometrico. Per quale motivo? Perché è indispensabile per conoscere con una buona precisione l’altitudine, dal momento che attraverso la tecnologia GPS si può determinare con una buona accuratezza la posizione sul piano orizzontale (latitudine e longitudine), mentre sul piano verticale (altitudine) l’imprecisione è decisamente superiore.
Con un altimetro barometrico potremo sapere sempre con una buona precisione (dell’ordine della decina di metri) la nostra quota attuale. Inoltre, potremo visualizzare in tempo reale l’ascesa, la discesa e il profilo altimetro del percorso che abbiamo compiuto fino ad ora.

Per sua natura un altimetro barometrico è sensibile ai cambiamenti nelle condizioni metereologiche. Supponendo, ad esempio, di rimanere perfettamente fermi, se il tempo migliora (alta pressione) l’altitudine indicata diminuisce; viceversa, se il tempo peggiora (bassa pressione) l’altitudine indicata aumenta. Per questo, per avere quote molto precise sarebbe meglio calibrare l’altimetro barometrico spesso. Per farlo dobbiamo inserire nello strumento la quota del punto in cui ci troviamo (supponendo che sia nota).
I GPS outdoor più sofisticati (tra cui quasi tutti i Garmin per escursionismo) sono in grado di “autocalibrarsi”: è il GPS stesso che calibra costantemente l’altimetro barometrico durante la nostra attività. Istante per istante, l’altitudine dedotta con il GPS viene “passata” al sistema barometrico, che la utilizzerà come fosse una “calibrazione” inserita manualmente ogni secondo.
Bussola elettronica
I dispositivi più evoluti dispongono di una bussola elettronica. Essa ci permette di sapere in ogni momento la posizione dei punti cardinali e offre alcune funzioni molto interessanti. Ad esempio, grazie ad essa, le mappe del dispositivo vengono automaticamente orientate nella direzione giusta. Inoltre, una volta impostato un certo punto di interesse come destinazione (ad esempio: un rifugio), potremo sempre sapere la direzione in cui trovarlo (in linea d’aria, ovviamente).

In commercio esistono dispositivi con bussole elettroniche a due o a tre assi. Queste ultime sono migliori, perché mentre nel primo caso il dispositivo deve essere mantenuto perfettamente in piano, con una bussola a tre assi questo non è necessario.
Memoria interna e esterna
I GPS da escursionismo devono contenere tracce, punti di interesse e rotte. Sono piccole cose: per dare un termine di paragone, raramente un singolo file GPX con qualche migliaio di trackpoint supera i 300 KB.
Ciò che davvero “divora” lo spazio è la cartografia (di cui parleremo più avanti in questo stesso articolo). Se ritenete di averne bisogno, quindi, assicuratevi che il vostro dispositivo sia dotato di una buona memoria interna, almeno dell’ordine del gigabyte.
Meglio ancora, assicuratevi che sia dotato di uno slot per poterla espandere attraverso una memoria esterna (tipicamente di tipo Micro SD). In tal modo, nel caso sia necessario, potrete espanderla in futuro a prezzi molto contenuti.
Display di qualità
Il display è il mezzo attraverso cui il dispositivo ci mostra tutte le sue informazioni (in altre parole, i suoi output). E’ importante quindi che sia di qualità e perfettamente leggibile in ogni condizione. In generale, purtroppo, questo è punto dolente: risultano poco leggibili in pieno sole, soprattutto se si indossano gli occhiali da sole.
I display più moderni non ci mostrano solo gli output, ma costituiscono anche l’input (perlomeno uno degli input, dal momento che molti produttori vi affiancano ancora un tradizionale tastierino fisico). Com’è possibile? Grazie alla tecnologia touch screen, cioè agli schermi sensibili al tocco delle dita. (Fino a qualche anno fa era piuttosto comune trovare dei display touch screen con cui si interagiva con dei pennini appositi; adesso invece si usano solo più le dita.)
In generale l’uso di schermi touch screen è da considerasi come un notevole valore aggiunto, perché fornisce un modo più naturale e veloce per interagire con il dispositivo rispetto ai tradizionali pulsanti. Nella pratica, però, nessuno dei GPS da escursionismo touch screen che abbiamo utilizzato si è anche avvicinato all’eccezionale esperienza d’uso dell’iPhone o degli smartphone più moderni. Senza entrare nei dettagli, ciò è dovuto al fatto che esistono due tipi di touch screen: quelli resistivi e quelli capacitivi. Quelli capacitivi, come l’iPhone, sono molto più precisi e costosi degli altri, però possono solo essere usati con dita nude, senza guanti. Per questo motivo la maggior parte dei GPS da escursionismo è ancora dotata dei touch screen resistivi, che purtroppo sono molto meno precisi.
Ricordo che gli schermi touch screen tipicamente consumano la batteria più rapidamente dei display classici, e in pieno sole risultano addirittura meno leggibili.
Buona autonomia
Poiché i GPS da escursionismo vengono usati durante attività sportive prolungate è fondamentale valutare l’autonomia delle batterie, ovvero quante ore ci permettono di registrare una traccia senza interruzioni, interagendo nel frattempo con il dispositivo per consultare la mappa, aggiungere eventuali punti di interesse e così via.
E’ fondamentale cercare GPS che garantiscano almeno 10/15 ore di registrazione, meglio anche qualcosa di più.
Quasi tutti i dispositivi usano 2 o 3 batterie stilo AA. Il vantaggio è che, essendo molto comuni, possiamo portane alcune aggiuntive con noi, in modo da poterle sostituire in caso di necessità. Ma attenzione: non tutte le batterie sono uguali.
Supporto per la cartografia
Abbiamo visto che tutti i GPS da escursionismo registrano la nostra posizione man mano che ci spostiamo. Alcuni dispongono inoltre di altimetro barometrico, bussola elettronica, display touch screen, e così via. Ma una delle funzionalità più utili è sicuramente il supporto per la cartografia.
I GPS cartografici permettono di vedere la nostra posizione su una mappa, molto utile per orientarci, pianificare un percorso, vedere i punti di interesse nei nostri dintorni, e così via.

© Salvatore Di Stefano