Avrò avuto sì e no 8 anni, incollato alla TV ricordo a sprazzi la cerimonia d’apertura dell’olimpide; Freddie Mercury e la cantante lirica Montserrat Caballé scandivano le parole di Barcelona. Il ciclismo già iniziava a frullarmi nella testa e ricordo bene la fantastica medaglia d’oro di quel brillante giovane italiano: Fabio Casartelli. Quel Casartelli che si spense tragicamente solo due anni dopo in una maledetta discesa del Tour de France 1995. Quel Tour del ’95, dove un’altro giovane italiano iniziava a far sognare i tifosi di tutto il mondo: Marco Pantani.
Linea 3, destinazione Espanya! Qua, comincio a rendermi conto che sono in una grande capitale; la “corsia sinistra” della scala, seppur mobile, viene cavalcata letteralmente da individui frettolosi. Con l’intento di far presto, la risalgono a grandi falcate. Non rimane che incolonnarsi a destra, nella speranza che almeno da questo lato stiano tranquillamente appoggiati al corrimano aspettando che la corsa finisca. Qua, tutto corre ad un ritmo impressionante, mica come a Lagaro dove di scale mobili non si sente manco parlare!

Tra una scala mobile ed un corridoio sotterraneo, giungo in superficie. Plaza d’Espanya, non solo una piazza, ma La Piazza! La prima cosa che noto appena riemerso è la Playa de toro. Riflessa nelle grandi vetrate verticali del palazzo fieristico assume le sembianze di tessere del domino.
Esattamente dalla parte opposta, a guardia del colle Montjuïc, si stagliano due torri, dette “veneziane” per la loro fedele somiglianza al campanile di San Marco a Venezia. Poi una lunga via, l’Avinguda de la Reina Maria Cristina, che porta dritti dritti ai piedi del Montjuïc (vedi foto di copertina).

Promontorio di 177 metri d’altezza, il Montjuïc prende il nome dal catalano medievale Mont dels Jueus che significa “monte degli ebrei”, dovuto probabilmente alla presenza di un cimitero ebraico sulla montagna.
Là sopra c’è un po di tutto:
Prima struttura a colpire è il Museu Nacional d’Art de Catalunya. Domina maestosamente il promontorio e cambia veste a seconda che lo si ammiri in pieno giorno oppure di notte.

Appena prima di salire verso il Museo, praticamente “ai suoi piedi”, è la Font màgica a saltare all’occhio. Praticamente, un’innocua fontana di giorno, ma un vero e proprio spettacolo d’aqua, luci e musica di notte!
Poi ancora il Poble espanyol, ricostruzione di un piccolo paesino medievale, il Castell de Montjuïc, costruito nella parte più alta del monte alla fine del XVII secolo, il Palau Sant Jordi e lo stadio Olimpico Lluís Companys entrambi utilizzati in occasione delle Olimpiadi del 1992.

Proseguendo ancora, all’estremo di un enorme spazio, una torre. Eccola, la Torre de telecomunicaciones. Realizzata dal celeberrimo architetto e ingegnere valenciano Santiago Calatrava. Forse il monumento che simboleggia più di ogni altro la Spagna nel Mondo. Questa torre in acciaio di 136 metri di altezza ha un disegno innovativo rispetto alla maggior parte delle torri di telecomunicazioni, non è un classico “palo” verticale, ma ha una silhouette che ricorda uno sportivo mentre regge la fiamma olimpica. Naturalmente, neanche a dirlo, la base è ricoperta di Trencadís, un chiaro richiamo alle opere di Gaudí.
“Basta così?” “No!”
Con occhio attento da fotografo e google sempre a portata di mano, scopro che l’orientamento della torre la rende anche una meridiana, infatti l’ombra dell’ago centrale viene proiettata proprio sopra il piazzale sottostante.
“Driin… Driin…”
“Anche qua suona sto telefono!” “Ah, è Stafania. Ha finito di lavorare e mi da appuntamento in zona hotel tra 20 minuti.”
To be continued…
© Salvatore Di Stefano